Visita a Santa Elena
Buena tarde, soy Rita. Sono las “cinco de la tarde” del 21 marzo e sono sola a casa con Marcello. Sta piovendo da più di due ore, con tuoni e lampi. Stiamo aspettando il rientro dei due moschettieri - Francisco e Barbara - che assieme a P. Ottavio sono andati all''aldea di Mopàn 1, molto vicina a Dolores.\nSono partiti intorno alle 9,30 con un sole cocente ed abbagliante: si prevedeva una bellissima e caldissima giornata. Ed infatti così è stato: sicuramente fino a oggi è stata la giornata più calda ed afosa.\nIntorno alle 11,00 Marcello ha deciso di andare a farsi un giretto nel circondario, ma è tornato dopo soli quindici minuti perché, nonostante il cappellino, non resisteva a camminare sotto quel sole abbagliante. Aveva il viso un po'' congestionato e gli ho consigliato un po'' di riposo all''aria aperta ed all''ombra. Così si è ripreso e tranquillizzato.\nMercoledì 17 siamo stati tutti e quattro a Sacùl Abajo con P. Ottavio e Suor Imelda. Sono sicura che di questa aldea Vi parlerà Francisco, io mi limiterò a raccontarVi solo alcune cosette che mi hanno fatta sentire “bene”.\nCome al solito tutte le persone dell''aldea ci hanno accolti e salutati molto calorosamente come se ci fossimo lasciati solo il mese prima e a me fa un certo effetto notare come invece rimaniamo impressi nei loro pensieri (si ricordano persino il tuo nome e io quest''anno mi sto prendendo la briga di scrivermi il nome dei Catechisti e dei Ministri per non fare più brutte figure). Poi Francisco ed io siamo stati piacevolmente colpiti dal fatto che la comunità ha pavimentato con delle belle mattonelle la Chiesa ed ha realizzato un piccolo loggiato all''ingresso della stessa. Ora è tutto più ordinato e mi sono complimentata con Monchito (Moncito - diminutivo di Ramon=Ramoncito) un catechista.\nInoltre mi ha fatto un enorme piacere essere accolta da una bambina, Erika, dell''età di circa 8/9 anni - ma non li dimostra - che quasi subito si è presentata sulla porta della Chiesa: mi guardava dallo stipite del portone perché io ero impegnata ad ascoltare la riunione del Sacerdote e della Suora con i Catechisti ed i Ministri. Solo al termine Erika mi si è avvicinata, mi ha abbracciata e mi ha baciata quasi volesse trasmettermi un qualcosa che forse le parole non avrebbero saputo esprimere. È rimasta la solita bambina/maschiaccio esuberante di due anni fa (non so perché non l''ho vista l''anno scorso), ma pretende sempre di più la vicinanza e le coccole. La commozione maggiore però l''ho provata quando, dopo aver fatto un po'' di dinamicas - come qui chiamano l''attività ricreativa per intrattenere i bambini -, tenendo la mia mano con tutte e due le sue manine mi ha detto “Rita: Rossa rossella.....” Da quelle stentate parole (chi conosce la differenza tra la “s” spagnola e quella italiana mi può capire) mi sono accorta che non si era assolutamente dimenticata che due anni fa - assieme a Francisco - per intrattenere i bambini avevamo giocato a “Rosa Rosella” sul sagrato delle Chiesa: e si ricordava tutte le parole!!! Mi sono venuti i brividi e così assieme a Barbara ed a Marcello abbiamo giocato per buona parte del pomeriggio a Rosa Rosella e a Bandierina. Il bello è che Erika ha insegnato ai suoi compagnetti le parole dei giochi italiani, mentre noi, grandi e grossi, non siamo riusciti ad imparare le parole di un unico gioco che ci hanno insegnato loro.\nDurante la riunione dei rappresentanti della comunità religiosa, anche in questa aldea è emerso il grosso problema della terra e del lavoro ed anche in questa occasione P. Ottavio ha promesso di informarsi presso le autorità competenti riguardo le situazioni createsi, promettendo l'' appoggio suo e quello del Vicariato.\nPiccola digressione: sono le 18,30 e finalmente ha smesso di piovere, nel cielo però ci sono alcune nubi scurissime e penso che forse pioverà ancora. È mancata la luce e sono al buio; però fuori in cortile ci sono le lucciole che mi tengono compagnia.\nSono tornati i nostri misioneros, ma per la luce ancora nulla.\nGiovedì 18 marzo siamo stati a Santa Eléna. P. Ottavio di mattina doveva partecipare ad una riunione di pastorale sociale e di sera eravamo invitati tutti a cena a Flores a casa dal Vescovo Mons. Fiandri.\nDopo aver lasciato P. Ottavio alle sue riunioni noi 4 siamo andati a passeggiare e, attraversando un istmo, siamo arrivati sull''isola di Flores che sta al centro del lago Petén Itzà. Questo è per grandezza il secondo lago del Guatemala (dopo quello di Izabal) ed ha un diametro di circa 30 Km. Abbiamo percorso buona parte del perimetro dell''isoletta perché Francisco cercava l''omino che a gennaio, con la barca, aveva portato lui, Françoise e tutta la compagnia in gita sul lago. Non abbiamo trovato la stessa persona, ma ci siamo accordati ugualmente con Don Ferdinando - il lancero - il quale, per farci conoscere qualche località sul lago e per un periodo di circa due ore, voleva un compenso complessivo di 400 quetzales (circa 36 euri) per 4 persone. Francisco, che ormai sta prendendo le “trasse/modi di fare” dei guatemaltechi, ha rilanciato 200 q.les e i due si sono messi d''accordo. Prima siamo andati in un luogo chiamato “El mirador” praticamente un belvedere al quale si accede attraversando un sentiero ben delimitato ma all''interno delle giungla. Lungo il percorso abbiamo trovato diversi cartelli che indicavano la presenza di siti maya. Abbiamo così scoperto che questa zona è particolarmente ricca di insediamenti maya, di grotte dove pare che le diverse comunità di questo popolo si siamo rifugiate ora per scampare ai nemici, ora per compiere sacrifici umani propiziatori. Una scala ripidissima con i gradini molto diseguali ci ha portati sulla sommità di una collinetta dove si trovava una torretta di avvistamento dalla quale si poteva ammirare un panorama bellissimo: c''era un po’ di foschia, ma il verde degli alberi della foresta contrastava e avvolgeva a perdita d''occhio il celeste dell''acqua del lago, al centro del quale spicca l''isola di Flores con i tetti multicolori delle case ed il bianco accecante della Cattedrale, la Chiesa dove vive Mons. Fiandri.\nDopo la altrettanto ripidissima discesa abbiamo ripreso la barca e Don Ferdinando ci ha portato a vedere un “campo” di ninfee, cioè un luogo dove questi fiori prolificano numerosi nell''acqua, nulla però in confronto allo spettacolo al quale assisteremo quando andremo al Livingston sull''Oceano Atlantico.\nLa lancia ha quindi attraccato al porticciolo di un paesino (San Andrés) che, a detta del nostro accompagnatore, sarebbe dovuto essere un posto turistico per eccellenza: niente di più di un paesino costruito sul fianco di una collina ed affacciato sul lago, ma con la nomea di essere il luogo dove è nato il ballo della “Chatona” (Ciatona) di cui Vi parlerò un''altra volta.\nC''è però una bella chiesetta che abbiamo trovato aperta e che quindi abbiamo visitato. All''interno, grazie al soffitto molto alto ed in legno ed ad ampie finestre aperte, si godeva un bel fresco; tra un asse e un''altra dello stesso soffitto gli uccelli avevano fatto il nido ed era un continuo svolazzare e sbattere d''ali.\nAl nostro rientro alle 12,30 siamo andati a bere un “fresco”/una bibita, in attesa che P. Ottavio terminasse la sua riunione. Quindi siamo andati a pranzo al ristorante “la luna” gestito da un tedesco; come antipasto abbiamo mangiato delle tipiche salsiccette teutonioche e formaggio, poi in quattro abbiamo mangiato filetto di pesce, mentre Marcello ha mangiato il pollo con una salsina rosa.\nSuccessivamente siamo stati a trovare le Suore di Santa Elena. Prima però abbiamo visitato la nuova Scuola per infermiere, annessa all''asilo delle bambine, che è stata inaugurata nel mese di gennaio. È una costruzione molto luminosa ed ariosa, costruita con metodi all''avanguardia per questi posti. Ci auguriamo tutti che questa struttura scolastica - che a livello universitario abilita alla professione - venga frequentata da tantissimi giovani ai quali viene offerta l''opportunità di crearsi un avvenire sicuro. Siamo poi andati a trovare le bambine che abbiamo trovato quasi tutte intente a fare i compiti che erano stati assegnati a scuola. Non erano tutte perché, specie le più grandette, vanno a scuola di pomeriggio, ma l''accoglienza è stata come al solito entusiasmante e molto calorosa. Il primo affettuosissimo abbraccio lo hanno però riservato P. Ottavio che dimostra una tenerezza tutta particolare verso tutti i bambini. Effettivamente è il papà di tutti e per tutti ha una parola buona, un cenno, un buffetto, un solletichino, un sorriso, un abbraccio e sembra che tutti sappiano di poter contare su di lui. Forse perché gioca con loro, forse perché è molto espansivo, forse perché è vestito come loro, forse perché non è scostante, forse perché... non so perché ma tutti lo amano molto.\nPoi le bambine hanno abbracciato anche noi e, dopo un primo momento di titubanza, hanno fatto subito amicizia con i nostri due compagni di avventura.\nBarbara è stata sequestrata per fare fotografie in tutte le pose e con qualsiasi sfondo, Marcello ha ascoltato paziente le numerosissime storie che le bambine a turno leggevano cercando di interessare il loro interlocutore; io e Francisco ci siamo messi, come al solito, a giocare a pallacanestro. Le giocatrici erano molto accanite, alcune avevano i piedi scalzi, altre avevano gli infradito, una - che era appena tornata da scuola - aveva addirittura i tacchi alti. Abbiamo rivisto anche Martita - la ragazza sordomuta di cui vi abbiamo parlato tanto gli anni scorsi - si è fatta più grande, a settembre scorso ha compiuto 15 anni, ed era molto vergognosa perché le è stato messo l''apparecchio per i denti Nel frattempo è arrivata anche Suor Marcella che stava prestando servizio presso il dispensario gestito dalle stesse Suore. Queste Suore si fanno veramente il “mazzo” dalla mattina alla sera con il grande compito di assistere queste bambine che sono affidate loro dalle Autorità con lo scopo di accompagnare le ragazze nel loro percorso di vita sino ai 18 anni. Arrivata la maggiore età decadono tutte le responsabilità dello Stato, ma non il senso di responsabilità delle Suore che si fanno l''ulteriore carico di inserire le giovani nel mondo esterno e lavorativo. Alcune di loro sono scappate dall''hogar/casa perché pensano così di conquistare la loro libertà, non rendendosi conto che la vita fuori è molto dura: è difficile realizzare i propri sogni senza incorrere in brutti incontri che potrebbero rovinarci la vita per sempre. Le Suore sono apprensive, ma non lo danno a vedere, cercando di far vivere queste ragazze/bambine sono molto attente. Arrivate le 19,00, non prima però di aver scambiato gli indirizzi su facebook con la promessa che le foto scattate sarebbero state sviluppate e consegnate, abbiamo lasciato l''hogar/casa rassicurando tutti, Suore e bambine, che saremmo andati a trovarle un''altra volta.\nDopo una breve passeggiata sotto le luci soffuse delle strade di Santa Elena siamo arrivati a casa di Mons. Fiandri che ci aspettava per la cena. Persona estremamente informale, Monsignore ci ha accolti molto calorosamente e da ottimo padrone di casa ci ha preparato la pasta asciutta con il sugo piccante fatto da lui. Abbiamo mangiato farfalle della Barilla e bevuto un buon vino cileno. Non abbiamo fatto molto tardi perché l''indomani avevamo appuntamento alle 8,25 con i ragazzi del Collegio di P. Giorgio.\nComunque avremmo rivisto P. Mario domenica perché doveva andare a Mopàn 1 a celebrare due Cresime. Come per i nostri Padri Domenicani non ho parole appropriate per definire Mons. Mario: tutti e tre - ognuno nella propria attività quotidiana e con le proprie responsabilità - hanno un carisma e un contatto con i giovani, i bambini, le donne, gli uomini al quale non siamo abituati e qualche volta penso che anche coloro che da noi possono sembrare alla mano, molto spesso da loro traspare qualcosa che non è completamente genuino...\nAncora una volta sono contenta di essere qui.\nHasta luego.